Michele Martina, figlio di padre pugliese e madre del Carso sloveno, è nato nel 1926 a San Pietro-Šempeter, allora frazione di Gorizia, oggi in Slovenia.
Jožko Štrukelj è nato nel 1928 nella cosiddetta Braida Vaccana (antica appendice del centro storico cittadino di Gorizia) e, quindi, allora in Italia. Suo padre era stato commissario dei titini nei 40 giorni dell’occupazione e delle deportazioni: il periodo più tragico della Seconda guerra mondiale per la nostra città, che pesa ancora adesso.
Si conoscevano da giovani, ma non si frequentavano. La sorella di Jožko,
Milojka, studentessa ribelle al Liceo Classico di Gorizia (erede del mitico
Staatsgymnasium), fu una delle decine di giovani partigiani sterminati dai nazisti a Cerkno, dove è ancora presente il famoso ospedale partigiano e dove si annidava un nucleo segreto di giovani militanti. Le sono state intitolate anche alcune scuole nel territorio.
Michele, a 32 anni, si candidò (nonostante la sua ritrosia) e venne eletto al Parlamento italiano nel 1958, dopo aver militato fin dal primo dopoguerra nell’Azione Cattolica e, quindi, nella Democrazia Cristiana. In quell’anno si era pure sposato avendo come suo testimone Mariano Rumor: uno dei più autorevoli esponenti della DC nazionale, che aveva già intuito la grandezza politica del progetto goriziano nello scenario internazionale.
La famiglia Štrukelj fu tra coloro che, nell’autunno del 1947, scelsero di abbandonare la Gorizia “italiana” per contribuire all’ideale della Jugoslavia. Grosso modo, il rapporto nel territorio goriziano – diviso da un innaturale confine di Stato (in pochi giorni si doveva decidere se stare nell’Est o nell’Ovest!) – fu di uno a dieci, tra quanti scelsero di abbandonare casa e beni di nascita e residenza per andare dall’altra parte, rispettivamente, dall’Italia alla Jugoslavia e viceversa.
A cavallo degli anni ’50 un gruppo di giovani cattolici – guidati da
Rolando Cian, aiutati da sacerdoti di grande levatura e “fedeli” alla Chiesa di confine di mons. Fogar e mons. Faidutti (nel tempo emarginati sotto il regime fascista) – decisero di impegnarsi, sul piano sociale, culturale e politico, per superare e abbattere quella nuova barriera; ovviamente militando, o comunque affiancando,
la Resistenza cattolica guidata dalla Brigata Osoppo (quella tradita dalla Resistenza slavo-comunista nell’eccidio di Porzûs). Giovani che stavano con grande determinazione dalla parte della “dignità della persona” e del suo primato rispetto allo Stato; con la volontà, quindi, di ricostruire nel tempo i legami famigliari, sociali, fino a quelli economici e istituzionali della comunità del Goriziano storico: lacerato brutalmente da
un confine divenuto ineluttabile a causa della scellerata esperienza del ventennio del fascismo, della sua sudditanza al nazismo e dalla vendetta da tempo covata ed esercitata in maniera spietata dai comunisti vincitori, anche a guerra “ufficiale” finita.
In quel contesto e con queste eredità pesantissime sulle spalle i due giovani sindaci, coetanei e quasi quarantenni, avviarono un proficuo dialogo, prima segretamente per alcuni anni, grazie alla “copertura” del Centro Studi “Sen. A. Rizzatti” e della sua rivista
Iniziativa Isontina (fondata da quei “giovani”, sempre nel 1958). Un dialogo che, una volta eletto Martina Sindaco di Gorizia (quasi due anni dopo di Jožko a Nova Gorica), sfociò in una prorompente attività istituzionale e politica, segnata soprattutto dall’“esordio” ufficiale:
la prima riunione in Europa dei Sindaci, con le rispettive Giunte Comunali, di due città divise dalla Cortina di Ferro.
Il 17 novembre 1965, a pochi mesi dalla elezione di Michele a Sindaco di Gorizia, si svolse nel Municipio di Nova Gorica (con furbizia e stratagemmi per superare le barriere dei rispettivi organismi nazionali) la riunione delle due delegazioni, sottoscrivendone il verbale (ovviamente preparato da tempo... segretamente!) che delineava il programma della “città comune” in Europa. Un italiano, cattolico e di sangue “misto”, e uno sloveno, comunista e ateo, proiettavano le loro comunità lacerate e in parte nemiche verso un orizzonte di solidarietà e di pace, nella prospettiva di ritrovarle unite nel segno dell’Europa riunificata. Accanto a Michele anche
Celso Macor, al suo fianco quale responsabile dell’Ufficio Stampa del Comune di Gorizia, ma, in realtà, amico e ispiratore profetico.
Lo stesso autunno del 1965, a tre anni dalla costruzione del Muro di Berlino e, quindi, in piena Guerra fredda, sempre Martina, assieme ad alcuni autorevoli amici goriziani legati al Centro “Stella Matutina” dei Gesuiti, avviò da Sindaco la strada che, nel
maggio 1966, avrebbe portato al
primo Incontro Culturale Mitteleuropeo, organizzato formalmente da
Iniziativa Isontina e sostenuto, in particolare, dalla
Regione Friuli Venezia Giulia, costituitasi appena l’anno prima. Regione a Statuto speciale, per essere “ponte” tra Italia e i paesi dell’Est dell’Europa, fortemente voluta dai giovani cattolici goriziani sopra richiamati (sempre loro…) vincendo le fortissime resistenze e avversioni sia dai “friulani”, sia dai “triestini”, che non volevano saperne di condividere rappresentanza e governo con “loro”. Primo presidente fu
Alfredo Berzanti, comandante della gloriosa Brigata Osoppo: proprio quella di mons. Moretti e di tanti altri cattolici friulani.
Berzanti stesso venne al castello di Gorizia a inaugurare quel primo Convegno internazionale dedicato alla Poesia. Un evento a cui parteciparono i principali poeti di Italia, Austria, Germania federale, Jugoslavia, Ungheria e Cecoslovacchia; presidente
Biagio Marin e presidente onorario
Giuseppe Ungaretti, tornato appositamente a Gorizia e sul Carso a 50 anni esatti dalla sua esperienza di militare volontario e di poeta. Le sue dediche a Gorizia e al suo giovane sindaco sono un’autentica pietra miliare: soprattutto per questo la mostra del 2016, per il cinquantesimo di fondazione di ICM, è stata intitolata
Fratelli e riportata in un volume stampato in quattro lingue (oltre all’inglese per la comprensione internazionale): italiano, sloveno, tedesco e friulano, ossia le quattro lingue storicamente parlate da secoli nel Goriziano.
Nell’
estate del 1967 Martina espose alla
Kongresshalle – presenti i duemila delegati degli
Stati Generali dei Comuni d’Europa, convocati a Berlino dal Sindaco
Willy Brandt – l’esperienza che si era avviata tra Gorizia e Nova Gorica: era stato personalmente invitato dallo stesso Brandt, che aveva intuito la portata di quella iniziativa. Per completezza dei riferimenti, in quello stesso anno, in occasione della nomina ad Arcivescovo di mons. Cocolin – uno dei sacerdoti che aveva sostenuto l’avventura sociale, culturale e politica di quei “giovani cattolici” cresciuti sotto la guida di Rolando Cian – il Sindaco Martina, lo stesso Rolando Cian, Vittorio Bachelet (a quel tempo docente all’Università di Trieste) e il prof. De Marchi, sociologo insigne, fondarono l’
Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia (ISIG), quale augurio all’amico Arcivescovo e a conferma dell’impegno volto a consolidare la prospettiva internazionale del Goriziano, oltre i confini di Stato.
Quando cultura e politica si incontrano, esaltandosi a vicenda…
Nel
settembre 2008, quando divenne chiaro che Jožko era seriamente ammalato (sarebbe scomparso pochi mesi dopo), in occasione di una delle frequenti cene tra noi tre con le nostre rispettive mogli, portai con me la telecamera e registrai – i due ex Sindaci consenzienti – un’
intervista di un’ora, la cui
sintesi è riportata nel video diffuso in occasione del 50.mo di ICM e altri eventi analoghi – compreso il convegno organizzato nel 2015 da ICM, Centro studi “Sen. A. Rizzatti” e
Iniziativa Isontina, in memoria di Michele, l’anno dopo della sua scomparsa.
Con la
premiazione della candidatura di Nova Gorica e Gorizia come Capitale europea della Cultura 2025, sarà nostro compito onorare la memoria viva di Michele e Jožko, e assieme a loro, simbolicamente, di tutta la moltitudine di persone che, in vari modi e tempi, hanno portato la comunità locale – divisa dal confine di Stato e lacerata da tragedie immani – verso un esemplare patrimonio, anzitutto, di umanità, ma anche di responsabile assunzione di un esigente diritto-dovere: quello di mettere i propri talenti al servizio degli ideali più elevati della dignità della vita umana e delle relazioni che le segnano, oltre ogni confine.